Dottoressa Raffaella Tudisco
La dottoressa Tudisco ha aperto il suo intervento con la definizione tecnica che
la comunità europea, attraverso l'emanazione della direttiva ce
del 2001/18, ha dato una definizione ben precisa all'ogm "organismo
diverso da un essere umano il cui materiale genetico è stato alterato
in modo diverso in natura con l'accoppiamento e/o la ricombinazione genetica
naturale".
Per modifica si intende l'inserimento di un frammento di un altro dna di un altro essere animale, ad esempio un pesce
e inserirlo in una pianta. La pianta avrà una determinata caratteristica ossia di
sopravvivere a basse temperature. E' occorre in questo caso che sia un induttore
che dà l'ok per fare esprimere la caratteristica alla pianta e un interruttore
che spegne la trascrizione di questo gene. Per verificare se una cellula vegetale
sia aderente alla sua caratteristica è importante che ci sia un marcatore.
La più grande preoccupazione è che il marcatore possa inserirsi nella flora.
A tal fine la direttiva ce prevede che entro il 2004 si poteva usare il gene
marc resistente a determinati antibiotici.
Dal 2004 i prodotti non devono essere più alimentati con questo gene, e per
poter essere identificati serve un gene reporter per dare una colorazione
alla cellula trasparente.
Vengono utilizzati diversi metodi di trasformazione per consentire una
trasformazione alla pianta però adottando questi metodi è necessario rispettare
determinate regole.
Infatti la direttiva Ce 18/1/2001 prevede la tracciabilità ed etichettatura degli ogm e l'articolo 12
prevede per gli alimenti e i mangimi obbligo di etichettatura fino alla misura dello
0,9 degli ingredienti alimentari considerati.
Le colture che sono maggiormente soggette ad integrazione genetica sono soia gm, mais gm,
cotone gm, colza gm.
La soia è tollerante agli eribicidi per il 90-95% ed è soprattutto prodotto in
Usa ed Argentina.
I problemi connessi con l'utilizzazione degli ogm producono effetti nutrizionali
e fisioligici legati al consumo di ogm rispetto alla controparte convenzionale.
E in più si ha un destino di frammenti di dna esogeno ingeriti dagli animali
al fine di garantire la qualità.
In realtà gli organismi internazionali sono scesi incampo al fine di
garantire la sicurezza degli alimenti ogm sviluppando il principio della comparazione
agronomica. In realtà gli ogm possono anche essere difensivi rispetto alla salute,
ad esempio il mais nel momento in cui viene colpito da un insetto ha la possibilità
di non sviluppare un fungo che si dilati ma viceverso riesce a resistere e non
essere infettato.Per quanto riguarda invece la composizione chimica essi saranno
uguali alla controparte nutrizionale, anche il mais è anomalo in quanto ha un amido
degradato in maniera rapidissima.
In realtà tutto questo può accadere anche se in laboratorio ci si trova con un prodotto
che all'inizio non sembra subìre queste modificazioni successive.
E' possibile trovare frammenti vegetali? E' possibile in determinati casi trovare
frammenti di gene, ad esempio in laboratorio nel caso di un bufalo sono stati trovati
frammenti di gene. Ovviamente tutto dipende dal trattamento ad esempio per quanto
concerne i trattamenti tecnologici essi sarebbero in grado di influenzare la
frammentazione del dna.
Per quanto concerne le attività anzimatiche seriche esse non hanno mostrato differenze
significative, e con l'utilizzo di enzimi è possibile avere alterazioni,
anche se ci sono casi in cui
gli organi non subiscono alterazioni.
Conclusioni. I geni a singola copia risultano di difficile rilevazione rispetto
a quelli di multicopia.
Anche se ci sono state alterazioni è ancora presto per dare dei risultati precisi
in quanto il periodo è breve.
Infatti le sperimentazioni avvengono per breve periodi, solo Malatesta ha effettuato
un esperimento più lungo con i topi ma è ancora lunga la strada per verificare
l'effetto futuro degli ogm.
La sperimentazione è ancora all'inizio e bisogna essere critici ed essere precauzionali
come sostiene la comunità europea.
è una realizzazione editoriale THE MOMENT